#Manutenzione Giostre
LA GIUSTA DURATA By Enrico Fabbri
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PNR
28580 dated 15.01.2016
Pubblicato da
Enrico Fabbri
Fonte
Enrico Fabbri
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Quanto dura la vita di un’attrazione? La norma europea indica, come requisito minimo, che la struttura dell’attrazione sia calcolata con una resistenza a fatica di 35.000 ore di lavoro, ma nella pratica come viene calcolata la durata?
 
LA GIUSTA DURATA
by Enrico Fabbri
 
Qualche settimana fa parlavo con un costruttore di autogru italiano, e insieme si valutava il costo di un prodotto usato in confronto con uno nuovo. Lui mi spiegava che, raggiunti i 20 anni, l’autogru arriva al suo “fine vita” e si rendeva quindi necessaria una revisione approfondita per una “estensione della durata di vita”. Mi chiedo per quale motivo chiunque di noi sa che un’autogru ha una durata di vita di 20 anni ed invece nessuno sa con precisione per quanti anni può essere usata un’attrazione. La norma EN-13814 determina che il requisito minimo per il calcolo della resistenza a fatica della struttura e dei componenti principali sia di 35.000 ore di lavoro, ma questa cifra a quanti anni di lavoro corrisponde esattamente?

Semplificando, il progettista di un’attrazione deve ipotizzare un ciclo di lavoro standard dell’attrazione (per esempio di 90 secondi), quindi ipotizzare il numero di giri che l’attrazione può fare ogni ora (per esempio 20 giri all’ora). Con queste ipotesi si può trarre la conclusione che per ogni ora di lavoro complessivo l’attrazione avrà consumato circa 30 minuti di ciclo di vita. Se quest’attrazione fosse utilizzata per 10 ore di lavoro complessivo al giorno, tutti i giorni dell’anno, raggiungerebbe il fine vita (le 35.000 ore di lavoro indicate nella norma EN-13814) dopo circa 20 anni. Se tale attrazione fosse utilizzata invece per cinque ore al giorno di lavoro complessivo, tutti i giorni dell’anno, raggiungerebbe il fine vita dopo circa 40 anni.

Detto questo, legalmente spetta al costruttore indicare sul manuale uso e manutenzione dell’attrazione la durata di vita, anche tenendo conto degli importanti effetti inevitabili dovuti alla corrosione, che potrebbe essere espressa:
(a) in ore di lavoro effettive residue utilizzando un contatore legato all’uso dell’attrazione;
(b) stabilendo forfettariamente che il fine vita sia raggiunto dopo un certo numero di anni.

Nella sostanza, se facciamo una telefonata a qualsiasi costruttore per chiedere delucidazioni in merito al fine vita di una specifica attrazione, probabilmente non otterremo una risposta immediata, ed è probabile che un qualsiasi manuale uso e manutenzione di un costruttore non riporti quest’informazione.

Per una maggior chiarezza verso i clienti, credo che Ancasvi (attraverso il suo Comitato Tecnico) dovrebbe raccomandare a tutti i costruttori italiani che la durata minima di vita di un’attrazione di nuova costruzione sia forfettariamente calcolata, per esempio, in 20 anni, a prescindere dall’uso più o meno gravoso. A questo punto mi sorge un’altra domanda: quale dovrebbe essere la durata di vita delle attrazioni già in commercio da 20 o 30 anni? Che modalità di calcolo a fatica e controllo qualità veniva utilizzato all’epoca?

Non è facile dare una risposta a questa domanda, ma credo sia indispensabile farlo nel modo più professionale possibile. Sappiamo infatti che non esiste una macchina che possa funzionare in sicurezza senza limiti di tempo, specialmente se tale macchina è soggetta ad usura ed agli agenti atmosferici. Si rende quindi necessario dare agli operatori e agli ispettori una linea guida efficace. Questa dovrebbe tenere conto sia di informazioni tecniche sull’attrazione eventualmente disponibili dal costruttore (se ancora in attività) sia di informazioni storiche di suoi eventuali difetti strutturali conosciuti. In presenza di difetti significativi segnalati, la durata di vita di un’attrazione esistente dovrebbe essere inferiore rispetto ad altre.

Infine ritengo che queste informazioni dovrebbero essere facilmente disponibili su Internet da parte dei potenziali clienti, per una loro opportuna prevenzione e valutazione economica.
 
 

 
Scritto da Enrico Fabbri enrico@fabbrirides.com
Articolo originariamente pubblicato nella rivista Games Industry (Italia)
Data originale: Dicembre 2019
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